Iniziamo

Arrivo tardi come al solito nel mondo informatico e mi cimento
cosi' per la prima volta con un Blog ....
Ma come dice il famoso detto popolare "Meglio tardi che mai".
Il seguente Blog tratta pertanto svariati argomenti: si va dalla vita personale a Fotografie, dalla Letteratura all'Arte in generale (Musica, Teatro, Cinema), dalla Storia alle Biografie di personaggi famosi, Viaggi, Ricette di Cucina, Eventi e notizie in generale.
Percio' Benvenuto a chiunque voglia seguire queste pagine.

venerdì 30 agosto 2013

Jonathan Safran Foer e il suo libro "Se niente importa. Perchè mangiamo animali ?".

Il libro che voglio tentare di recensire oggi si pone a metà tra una storia personale e un saggio e se uso il termine "tentare" è proprio perché dentro questo testo (finito di leggere due giorni fa, così le impressioni sono ancora fresche nella mente) le tematiche affrontate non risultano di certo facile da portare all'attenzione di chi legge.
Parlo di "Se niente importa perché mangiamo gli animali  ?"scritto dallo statunitense Jonathan Safran Foer.
Diventato famoso grazie all'opera "Ogni Cosa è Illuminata", Safran Foer, risulta essere un autore di particolare interesse nel panorama letterario statunitense grazie alla sua sensibilità particolare e al suo occhio critico attento a ciò che lo circonda.
"Se niente importa. Perché mangiamo animali ?", edito da Guanda e pubblicato nel 2009, ha fatto discutere fin dalla sua prima uscita; si tratta infatti di un saggio che lo scrittore, dopo tre anni di accurate ricerche sugli allevamenti intensivi, si è sentito spinto a scrivere motivato dalla imminente nascita del figlio.
L'arrivo di questa nuova vita, che si affaccia per la prima volta al mondo, ha spinto l'autore a riflettere prima e a documentarsi a fondo poi, sul rapporto che esiste tra l'uomo e il cibo e sul rapporto tra l'uomo e gli animali.
Foer mescola ai ricordi personali della propria infanzia (ad esempio quando scrive della propria nonna, una donna ebrea, sopravvissuta alla guerra e che quindi ha conosciuto la fame durante quel periodo così cupo, che lo prendeva in braccio come a pesarlo e dicendo che era troppo magro andava riempiendolo di cibo) i documenti raccolti in tre anni di indagini nei vari allevamenti statunitensi e portando alla luce una sconvolgente verità sugli allevamenti intensivi, concentrando soprattutto la propria attenzione sulla crudeltà che viene rivolta ai polli e ai suini, per poi arrivare anche a parlare della pesca selvaggia che sta distruggendo i nostri mari.
Non sono solo riportati numeri e statistiche (come in certe pagine potrebbe sembrare, anche se sono comunque cifre che ti portano a pensare attentamente a ciò che l'uomo sta combinando al proprio pianeta) ma anche testimonianze dirette di allevatori, attivisti per i diritti degli animali e di persone che dentro a questi mattatoi ci hanno lavorato fin quando hanno resistito.
Giusto per citare qualche pezzo, vi riporto ciò che l'autore scrive alle pagine 95 e 96 del libro; si legge infatti:

Proprio l'altro giorno, uno dei pediatri della zona mi raccontava che oggi vede ogni genere di malattie che una volta non vedeva.
Non solo il diabete giovanile, ma malattie infiammatorie e autoimmuni che un sacco di medici non sanno neanche come chiamare. Le ragazze raggiungono la pubertà molto prima, i bimbi sono allergici praticamente a tutto. Lo sanno tutti che ciò è dovuto a quello che mangiamo.
Manipoliamo i geni di questi animali e gli diamo ormoni della crescita ed ogni genere di farmaci di cui non sappiamo abbastanza. E poi ce li mangiamo.
I bambini di oggi sono la prima generazione che cresce con questa roba e noi usiamo loro come cavie...

Testimonianza quindi anche di medici che sono consapevoli che la maggior parte delle malattie di oggi sono dovute a quelle che sono le nostre scelte alimentari, i nostri consumi quotidiani.
Non si vuole nel libro convincere il lettore a non mangiare più prodotti animali ma lo si vuole però portare ad una scelta consapevole e soprattutto si vuole porre l'attenzione ai danni che derivano da questi allevamenti oltre al fatto che gli animali vengono trattati in maniera disumana al loro interno e il più delle volte torturati in maniera gratuita.
Al fianco degli allevamenti intensivi si contrappongono altri tipi di allevamento, per lo più quelli a gestione familiare, piccole realtà contadine, che prevedono un numero minore di animali allevati ma che di certo sono trattati in maniera più umana.
E se poi è vero che il modo di morire di un animale incide anche sul suo sapore (e vi risparmio qui le descrizioni crudeli e quasi da film horror che sono riportate all'interno del libro e che ricordo sono state documentate dall'autore in prima persona che ha visto e raccolto con i propri occhi ed orecchie le varie testimonianze e visitato questi luoghi di morte) allora vi rendete conto da soli del perché molte volte quella che dovrebbe essere una succulenta e saporita bistecca in realtà tiene il sapore di plastificato, con carne dura come la pietra e che oramai, proprio come scritto sopra (nella testimonianza del pediatra) a causa di ciò che viene dato loro da mangiare, non sa più di nulla.
Senza infine contare le numerose malattie che vengono trasmesse all'uomo da questo tipo di consumo (accertato oramai dalla scienza e dai medici che un eccessivo consumo di carni provoca tumori di vario tipo).
Si è di certo capito che l'autore è vegetariano ma quello che scrive nel libro, e come dichiara lui stesso più volte, non vuole essere l'imposizione di una scelta di un modello di vita come assoluto ma vuol far riflettere su come la riduzione del consumo di carni aiuterebbe il pianeta a vivere meglio e soprattutto inciderebbe sulla salute personale di ognuno.
Il mondo in cui viviamo (che oggi non appare in buono stato di salute), l'uomo e gli animali sono collegati tra loro e quindi anche noi possiamo contribuire a migliorare le cose e a risanarle in parte; per fare ciò basterebbe semplicemente imparare a fare scelte poco più consapevoli.
Libro quindi vivamente consigliato a chi vuol riflettere ed aprire la propria mente ad un nuovo e diverso punto di vista.

martedì 27 agosto 2013

Anna Magnani una Diva Inimitabile.

Il 26 Settembre di quest'anno ricorrerà il 40° anniversario della morte di una delle Dive Italiane più apprezzate e conosciute al mondo; parlo di: Anna Magnani.
In onore di questo anniversario così particolare, sui canali Sky Tv, verranno dedicati all'attrice due eventi da non perdere per gli affezionati: il primo è uno Speciale, intitolato "Donne nel Mito.Anna Magnani", che sarà trasmesso in onda sul canale Diva Universal, a partire da ogni mercoledì 4 settembre alle ore 21.00; l'altro invece è una vera e propria Maratona di Film, 8 in tutto (da Pelle di serpente, film di produzione americana diretto da Sidney Lumet e con Marlon Brando protagonista maschile principale, fino a Mamma Roma un cult firmato da un grande nome quale quello di Pasolini), che saranno mandati in onda sul canale Sky Cinema Classics, da giovedì 26 dalle ore 10.30.
Intanto, nell'attesa che Sky tv porti ai nostri occhi tali eventi, nel post di oggi, riporto una veloce (ma non troppo) Biografia di questa fantastica Donna (e con lei non si può certo usare una D minuscola) dal fascino così carismatico e dal talento straordinario.



ANNA MAGNANI:

Nata a Roma nel Marzo del 1908 dalla sarta Marina Magnani e da padre ignoto (di cui solo da adulta scoprirà l'identità e le origini calabresi).
Fin da neonata viene affidata dalla madre alle cure della nonna che la cresce con amore insieme alle altre sue 5 figlie (le zie di Anna). Dal rapporto con la madre, che non l'ha mai voluta e che sarà fino alla fine un rapporto conflittuale, Anna ne esce segnata nella sua persona.
La nonna iscrive Anna in un Collegio di suore francesi, dove però vi rimane poco per passare a frequentare poi il Liceo (almeno fino alla classe seconda).
Anna si innamora della musica e inizia già nel 1917 a studiare pianoforte.
Nell'Ottobre del 1926, Anna si iscrive presso la Reale Scuola di Recitazione di Eleonora Duse (conosciuta poi dal 1935 con il famoso nome di Accademia Nazionale di Arte Drammatica), diretta da Silvio D'Amico, e l'anno successivo viene notata, grazie al suo straordinario talento, da Dario Niccodemi (commediografo, scenografo e fondatore della Compagnia Teatrale Vergani-Cimara) che
la vuole ad ogni costo nel suo cast.
Con la compagnia teatrale di Niccodemi, Anna, girerà il mondo in tourneé varie arrivando persino in Sud America e se anche i suoi ruoli teatrali risultano ancora di minor spessore è comunque un inizio importante che forma l'attrice.
Nel 1932 lascia la compagnia teatrale di Niccodemi per frequentare quella degli Arcimboldi di Milano.
Nel 1934, l'attrice, passa alla Rivista accanto ai fratelli De Rege e lavora poi in alcuni spettacoli con Totò.
Il debutto cinematografico, ovvero il film che le da visibilità, arriva invece con "La cieca di Sorrento" (di Nunzio Malasomma) e nell'Ottobre del 1936 sposa Goffredo Alessandrini (atleta e regista).
Dal 1936 al 1939 viene impegnata in teatro dove ha modo di diventare sempre più apprezzata da pubblico e critica per il suo straordinario talento artistico e la sua grande espressività.


Nel 1941 compare in alcuni film di De Sica e in un altro con Aldo Fabrizi.
L'anno seguente nasce il suo primo e unico figlio maschio, Luca, avuto dalla relazione con un giovane attore, tale Massimo Serato, subito dopo il divorzio dal regista e marito Alessandrini.
Continua ad essere impegnata tra cinema e teatro e nel 1944 escono altri tre film con lei come protagonista, tra questi ricordiamo anche: Campo dei Fiori.
Nel 1945 è magnifica protagonista del film "Roma città aperta" che la consacra anche come amato volto del cinema e la porta ad una nuova relazione amorosa, stavolta con il regista del film: Rossellini (con cui rimarrà insieme almeno fino al 1948-49).
Nel 1947 vince il premio il Nastro D'Argento come miglior attrice protagonista del film "L'Onorevole Angelina" diretto da Luigi Zampa.
Nel 1948 interpreta il suo ultimo film diretta da Rossellini, prima della rottura amorosa e artistica con il regista, ed intitolato "L'Amore", che le varrà il suo terzo Nastro D'Argento.
L'anno seguente, la Magnani gira il film "Vulcano" (sull'omonima isola delle Eolie, in Sicilia) mentre Rossellini sta girando il suo film "Stromboli terra di Dio" nell'isola vicino con la sua nuova compagna e attrice Ingrid Bergman (le riprese dei due film passano nella storia del cinema con il nome di "la guerra dei vulcani").
Nel 1950, la Magnani, partecipa a Roma alla storica Manifestazione di Piazza del Popolo promossa dal "Comitato di Difesa del Cinema Italiano".
Intanto la sua visibilità cinematografica e teatrale e la sua bravura la rendono famosa anche oltre oceano, in particolar modo negli Stati Uniti, dove iniziano ad osservarla con attenzione ed interesse.
Alla fine del 1951 esce il film di Visconti dal titolo "Bellissima" (con la Magnani e Walter Chiari come protagonisti) che le vale il suo quarto Nastro D'Argento (l'ultimo premio Nastro d'Argento le verrà dato per il film "Suor Letizia - il più grande amore")
Nel 1953, presenta il suo film "Bellissima" a New York dove viene accolta con grande entusiasmo dalla gente e dai fan.
Nel Luglio del 1954, viene contattata dal produttore americano Hall Wallis che con il drammaturgo Tennesee Williams, la vorranno come protagonista per il loro film "The Rose Tattoo" (La rosa Tatuata). Questo film sarà accolto con gran calore dall'intera America e consacrano Anna Magnani anche come star italiana a livello mondiale in maniera definitiva tanto che le verranno insigniti i premi "Golden Globe" e "New York Film Critics".
Nel 1956, Anna Magnani, è la prima attrice italiana a vincere il Premio Oscar come miglior protagonista. Trovandosi a Roma e non potendo andare in America, il premio venne ritirato per lei da Marisa Pavan anche lei attrice nello stesso film. Ad Anna viene invece data la notizia della vincita attraverso una telefonata alle 5.30 del mattino con enorme soddisfazione e gioia dell'attrice.
Nel 1957 gira un altro film in America "Wild is the Wind" di George Cukor che stavolta le varrà una nomination agli Oscar (purtroppo non ottenuta) ed un premio David di Donatello.
Dal 1958 al 1962, Anna gira altri film tra questi ricordiamo: Nella Città l'Inferno (di Castellani con al fianco un altra grande attrice e sua amica, Giulietta Masina ); Pelle di Serpente (già citato all'inizio); Risate di Gioia (di Monicelli e nuovamente al fianco di Totò); ed infine il capolavoro di Pasolini, Mamma Roma (i rapporti tra Pasolini e la Magnani non furono mai granché buoni, lei accusava lui di usarla e lui pensava che lei avesse recitato in modo molto borghese; nonostante ciò il film è riuscito a pieno).
Dal 1968 al 1972, l'attrice collabora con il regista Alfredo Giannetti, che la porta alla volta degli schermi televisivi, non più teatrali o cinematografici, dirigendola in 4 film per la TV; tra questi i primi tre mini-film appartenenti ad un ciclo intitolato "Tre Donne" (La Sciantosa; 1943: un incontro; l'Automobile) ed infine l'ultimo film: Correva l'anno di grazia 1870.
Nel 1972 la sua ultima apparizione sulle scene cinematografiche, in un cameo nel film di Federico Fellini, "Roma", che vede Anna interpretare sé stessa.
L'anno successivo, il 26 Settembre 1973, alle ore 18.25, all'età di 65 anni, Anna Magnani muore presso la clinica Mater Dei di Roma, stroncata da un tumore al pancreas diagnosticato solo qualche settimana prima.
Al suo fianco, fino alla fine, il figlio Luca e il regista e suo vecchio amore Rossellini.
La Magnani è stata il volto simbolo del Neorealismo italiano ma è stata soprattutto una delle più straordinarie interpreti che il teatro italiano della seconda metà del '900 abbia mai avuto.
Donna straordinaria, determinata ma fragile allo stesso tempo, lascia testimonianza con i suoi numerosi film di una bravura difficile per altre attrici da raggiungere.
Unica e Inimitabile Anna.



FONTI E IMMAGINI:

http://www.annamagnanisito.com/biografia.html

https://www.google.it/search?hl=it&q=Anna%20Magnani%20neorealismo&bav=on.2,or.r_cp.r_qf.&bvm=bv.51156542,d.bGE,pv.xjs.s.en_US._-554IbEZc0.O&biw=1024&bih=462&wrapid=tlif137762418495811&um=1&ie=UTF-8&tbm=isch&source=og&sa=N&tab=wi&ei=fuAcUpKONISp4gSukICIAw#facrc=_&imgdii=_&imgrc=1raEAnJjHQ082M%3A%3B4R2Qg90rwyBulM%3Bhttp%253A%252F%252Fcomunitaolivettiroma.files.wordpress.com%252F2011%252F12%252F42-anna-magnani.jpg%3Bhttp%253A%252F%252Fcomunitaolivettiroma.wordpress.com%252F2011%252F12%252F25%252F150-roma-capitale-anna-magnani%252F%3B1712%3B2412

mercoledì 14 agosto 2013

Sigle degli Anni '80 dei Cartoni Animati. L'articolo di Repubblica che stila una top ten delle migliori sigle animate,

Segnalo articolo interessante, pubblicato sul sito on line del quotidiano di Repubblica, in data 12 Agosto 2013, che tratta della Top Ten delle Sigle dei Cartoni Animati degli anni '80.
In sostanza , dopo essersi già in precedenza occupati del mondo degli Anni '80, trattando delle colonne sonore dei telefilm più famosi, adesso rifanno il bis, stilando un elenco di quelle che a loro avviso meritano di essere citate tra le prime 10 sigle dei cartoni animati.
Dopo un breve paragrafo introduttivo in cui, tra le tante cose, si legge di come gli "Anime" siano arrivati a noi europei dal Sol Levante (cioè dal Giappone) già negli anni '70, incantandoci con le loro storie per interi pomeriggi ed incollandoci al piccolo schermo televisivo facendoci volare con la fantasia, si arriva a quelle che sono le differenze tra i cartoni animati orientali e quelli americani (che dai Simpson in poi hanno invaso anche loro sempre più i nostri schermi).
Sempre secondo il giornalista che ha scritto l'articolo, in tal caso concordo in pieno, quando si parla di sigle televisive di cartoni animati in Italia, vengono subito alla mente due nomi di grande importanza, che con le loro voci hanno cantato e incantato noi spettatori, ovvero quelli di: Cristina D'Avena e I Cavalieri del Re.
Vediamo quindi quali secondo loro sono le sigle che rientrano nella top ten dei 10:

Al 10° posto troviamo ben due cartoni che si contendono la posizione, il primo è I Cavalieri dello Zodiaco, l'altro invece Holly e Benji;
9° posto invece per Lady Oscar (e qui, ma è annotazione personale, non credo che sia una posizione meritata in quanto l'avrei fatta rientrare almeno nelle prime 5);
8° posto per DevilMan (cartone del 1972, tratto dal Manga di Go Nagaj);
7° posto per Sailor Moon;
6° posto per la sigla di Batman del 1992.
5° posto per le tre ladre più attraenti dei cartoni animati, ovvero Occhi di Gatto;
4° posto per il conosciutissimo Ken il Guerriero;

Si riscaldano le prime tre posizioni di cui almeno su una (ma anche su qualcuna di quelle viste qui dietro) si può apertamente discutere, obiettando che forse sarebbe stato meglio qualche altro titolo.
Al 3° posto, la versione del 1969, di Lupin III; al 2° posto il mitico Jeeg Robot di Acciaio e rullo di tamburi alla prima posizione si trova una sigla che oramai da lungo corso riempie le nostre televisioni, il pregio va alla mitica famiglia più pazzoide di america: quella dei Simpson.

Di tutte queste sigle, qui non se ne vogliano a male i loro fans, avrei di certo evitato da queste liste almeno due dei cartoni che qui si trovano; parlo di Sailor Moon e di Batman, che credo, ma più per il fatto che vengono tardi negli anni, intorno alla metà degli anni '90, non sarebbero dovute essere inserite se si vuol mantenere il filone tra anni '70 ed '80.
Ad ogni modo, bene o male, questa è comunque una lista che ha fatto piacere leggere in quanto a permesso di fare un tuffo nel passato e di ritornare, almeno per un istante, come quando si era bambini e si cantava a squarciagola la loro musica.


Fonti:

Repubblica on line 12 Agosto 2013
http://www.kataweb.it/tvzap/foto/top-ten-le-sigle-migliori-dei-cartoni-tv/#9

giovedì 8 agosto 2013

Antipasto di Carpaccio di Peperoni.

Post estivo su ricetta rapida, veloce e facile da preparare e ripresa da un libro di cucina che ho dentro casa. L'ho ripetuta tra i miei fornelli e visto il successo la ripropongo anche a voi.
Un Antipasto fresco e gustoso; parlo del: Carpaccio di Peperoni.

INGREDIENTI:

1 Peperone Rosso; 1 Peperone Giallo; 1 Peperone Verde; 150 gr. di Feta; un mazzetto di prezzemolo; 2 cucchiai di Olio Extravergine di Oliva; 2 cucchiai di Aceto Balsamico; sale.

PREPARAZIONE:

Lavate i Peperoni e sistemateli interi sulla placca del forno, bagnateli con qualche cucchiaio di acqua e metteteli sotto il Grill per una ventina di minuti, girandoli di tanto in tanto finché la pelle non si sarà bruciacchiata su tutti i lati.
Lasciateli raffreddare un poco e spellateli, privateli del picciolo, dei semi e delle parti interne bianche.
Tagliate i Peperoni a listarelle e inseriteli in una ciotola condendoli con un pizzico di sale, l'aceto e l'olio, aggiungete una manciata di prezzemolo e mescolate il tutto.
Lasciate riposare qualche minuto in modo che marinino appena.
Trasferite poi le listarelle di Peperoni in un piatto da portata e formate come un raggio aperto alternando i colori uno dopo l'altro.
Disponete al centro del composto la Feta sbriciolata (e se volete qualche tocco in più anche qualche Oliva).
Servire come Antipasto e Buon Assaggio.


Ricetta reperibile sul sito: https://www.facebook.com/LaCucinaComeUnaVolta
Ed anche sul testo: Cucinare con Gusto. Sapori e dintorni Conad; Giunti Editore; 2008.

giovedì 1 agosto 2013

Viaggio di Nozze in Scozia. L'ultima tappa del tour: la città di Glasgow.

Ultimissimo post del Viaggio di Nozze in Scozia e con oggi, primo giorno di Agosto 2013, smetto definitivamente questo argomento.
Avevo finito il post precedente con l'arrivo e la sistemazione di una sola notte in albergo a Ballaculish, in una sorta di resort sul lago.
La mattina seguente quindi, nuovamente trolley e zaini in spalla, eravamo pronti a ripartire verso quella che è stata la nostra meta finale degli ultimi 4 giorni: la città di Glasgow.
Prima di arrivare a Glasgow però abbiamo fatto una sosta ad un ulteriore città, quella di Inverary, dove si è effettuata la visita del Castello appartenente ai Duchi di Argyll.
Attraversato il Pass of Brander, aspro paesaggio di montagna dove vi fu uno scontro armato tra le truppe di Robert The Bruce e il clan Mac Dougall (Robert The Bruce per chi non lo ricorda è stato, come William Wallace, un eroe scozzese ed il film Braveheart , sebbene abbia ingigantito o comunque travisato qualche storia, si basa pur sempre su fatti accaduti realmente in queste terre).
Vicino al Loch Estive (tutti i laghi prendono il nome di Loch in Scozia) e proseguendo poco oltre, si arriva in questo piccolo villaggio di pescatori che è appunto Inverary.
Il castello, che richiama per lo stile architettonico le magioni francesi per un verso, mentre per l'altro è simil-gotico, appartiene dal 1745 al Duca di Argyll ed ha al suo interno delle grandi e bellissime stanze, in particolare le più belle sono le sale d'armi e la cucina.
A differenza di molti altri posti visitati qui sono più elastici e permettono di fotografare le stanze al suo interno (ovviamente senza flash per non danneggiare i quadri di valore artistico).
Inoltre i loro giardini sono diventati famosi in questo periodo grazie a una serie televisiva che prende in prestito i loro esterni e di cui forse avrete almeno una volta sentito parlare: Downton Abbey.
Almeno per quello che riguarda solo il giardino perché per il resto la facciata esterna credo si rifaccia ad altro castello.
Vi inserisco sotto qualche immagine, che tanto per non essere ripetitiva, sono state scattate dalla mia fedele macchina digitale.

















 
La visita al Castello di Inverary ci ha fatto perdere buona parte della mattina (ma credetemi ne è valsa veramente la pena) pertanto ci siamo fermati nel paese per la pausa pranzo e per comprare gli immancabili souvenir (sempre meglio approfittare se si riesce di questi pit stop per trovare qualcosa di carino dai negozietti).
Il cammino è ripreso nel pomeriggio e dopo circa un ora e mezza di autobus (ricordo per la miliardesima volta che era un viaggio di nozze ma che è stato effettuato in gruppo con altre persone in quanto si trattava di un tour organizzato; abbiamo preferito così per svariate e svariate ragioni e alla fine ci siamo trovati veramente bene) siamo arrivati a Glasgow, ma non siamo entrati subito in città in quanto prima ci siamo fermati a visitare la Burrell Collection.
In un grande parco fuori dalla città (si è veramente tagliati fuori dal tempo e dal caos metropolitano) la Burrell Collection è una galleria d'arte e museo che espone una vasta quantità di opere (circa 9000 pezzi, una cifra pazzesca a ben pensarci) donate da un collezionista privato, William Burrell appunto, a metà del '900 (credo nel 1944).
L'ingresso alla Burrell è gratuito (la collezione è aperta tutto l'anno e tutti i giorni dalla mattina fino alle 17 del pomeriggio) e tra le migliaia di opere meritano di certo una visita, a mio avviso e giusto per citarne qualcuna, quelle come: Il pensatore di Auguste Rodin (1840-1917); la collezione di dipinti di esponenti della pittura francese come Manet, Cézanne, Boudin e Courbet, oltre che opere di artisti italiani quali Vasari, Bellini e altri.



 


 




 
Sotto il Vaso del Vasari (perdonate il gioco di parole)

 
Alle ore 17 (orario di chiusura della Burrell Collection) ci siamo ritrovati al parcheggio e saliti sul bus ci siamo avviati verso l'hotel dove entro le ore 18 era previsto il check in e poi una volta sistemati la cena.
Dimenticavo di aggiungere che questo era il penultimo giorno per le persone che viaggiavano in gruppo con noi perché loro, l'indomani nel pomeriggio, sarebbero ripartiti dall'aeroporto di Glasgow per far rientro in Italia; noi invece avevamo chiesto alla nostra agenzia di poter restare qualche altra notte a Glasgow così abbiamo avuto due giorni in più per girarla in autonomia senza guide locali e senza nessun altro (in pratica ci siamo ritrovati a fare gli sposini freschi, nonostante la nostra convivenza di oramai lungo corso).
Una breve passeggiata serale intorno all'hotel, dopo cena, con alcuni ragazzi del gruppo e poi dritti a nanna pronti a ricaricar le pile per la giornata successiva.
Nella mattinata seguente, infatti, si è avuto il tempo, ancora in gruppo e con la guida, di fare un giro alla Cattedrale di Glasgow e alla vicina Necropoli.
Edificio religioso fin dal XII secolo, anche se la chiesa moderna risale al XV sec., questa Cattedrale è imponente e tetra con uno stile pseudo-gotico che vede delle guglie altissime.
Vicino ad essa sorge su una collinetta più alta, la Necropoli, dove i ricchi nobili di Glasgow (in tutto 50.000 persone) sono sepolte in una sorta di città dell'oltretomba che (se vi piace il brivido) consiglio come visita rapida (in quei labirinti rischiate di perdervi tra le imponenti e maestose tombe e casupole interne).













Tirata la mattinata con la visita in quest'area, subito dopo pranzo, abbiamo salutato la nostra guida (che è stata davvero brava a destreggiarsi con un così alto numero di gruppo e ci ha aiutato davvero tanto durante i giorni di viaggio fornendo ogni utile spiegazione sui luoghi visti) e le altre persone, con cui abbiamo viaggiato fin dall'inizio (l'arrivo era ad Edimburgo), soprattutto quelle con cui si era legato di più.
Devo ammettere che avevamo sentimenti contrastanti, da una parte ci è dispiaciuto salutarli e lasciarli così, non proseguendo con loro, dall'altra invece eravamo curiosi di continuare il viaggio da soli e di riuscire a cavarcela con le nostre gambe (non che fosse complesso più di tanto visto che siamo viaggiatori folli e che il Regno Unito lo avevamo già visitato per i fatti nostri in passato, inoltre con l'inglese ce la caviamo a sufficienza e non moriamo certo di fame o sete).
Ad ogni modo viaggiare in gruppo è stato divertente e non è così brutto come si possa pensare (almeno se hai la fortuna di trovarti con persone cortesi, educate e allegre come è stato per noi).
Lasciati quindi i compagni di viaggio noi abbiamo proseguito il nostro pomeriggio in giro per il centro cittadino.
Partendo da George Square, bellissima e grande piazza centrale di epoca vittoriana, ricca di statue dedicate ai personaggi famosi tra cui la regina Vittoria e il poeta scozzese Robert Burns, posta di fronte alla City Chambers, il comune della città, un mega palazzone storico in stile vittoriano anche questo, si è proseguito fino all'area conosciuta con il nome di Merchant City (il vecchio quartiere commerciale) ricca di palazzi in arenaria rossa costruiti nel XIX secolo dai ricchi commercianti di cotone e tabacco.
In quell'area ci siamo fermati velocemente a far visita al GOMA (ovvero la Gallery of Modern Art, in italiano Galleria di Arte Moderna), aperta nel 1996 è la seconda galleria di opere d'arte moderna più visitata del Regno Unito ed è carina perché suddivisa in 4 livelli che richiamano: l'Aria, la Terra, l'Acqua e il Fuoco.





 




 
 
 
Usciti dal GOMA abbiamo proseguito in giù fino al River Clyde, il fiume che attraversa e divide Glasgow, dopo stanchi e soddisfatti, considerando che è anche arrivata sera, cenato in un localino del centro, ci siamo ritirati in albergo stanchi e contenti.
La mattina seguente, di buona lena e dopo una buona colazione "europea" e non scozzese (diciamo che le colazioni scozzesi non sono propriamente adatte a noi o a chi ha uno stomaco delicato in quanto prevede di tutto di più da salsicce unte al loro immancabile medaglione di Haggis, ovvero interiora di pecora, e via discutendo), ci siamo avviati a piedi fino all'area di Kelvingrove, attraversando la lunghissima Sauchiehall Street, una strada commerciale della vecchia Glasgow (dicono poco raccomandata di sera), ed in circa mezzora di camminata abbiam raggiunto la nostra prima meta (ci siamo studiati dei percorsi alternativi per i nostri ultimi giorni da soli, non siamo stati fermi a far nulla).
Nell'area di Kelvingrove, si trova un enorme parco verde al cui interno si trova il Kelvingrove Art Gallery and Museum.
Questo imponente edificio in stile vittoriano, raccoglie al suo interno circa 8000 opere (meno della Burrell Collection ma comunque anche qui di grande valore e una notevole somma) ed è il preferito dagli abitanti di Glasgow. Non a caso al suo interno era pieno di scolaresche di bambini o di famiglie in visita.
Inaugurato come museo nel 1901, al suo interno si possono ritrovare opere di grande importanza quali ad esempio: il quadro di Salvador Dalì intitolato Il Cristo di San Giovanni della Croce o ancora le opere dell'architetto più famoso della Scozia e di Glasgow, ovvero Charles Rennie MacKintosh (qui gli studenti di architettura di tutto il mondo sanno di chi parlo).
Il Kelvingrove Museum è posto su tre piani ed è talmente grande che abbiamo impiegato quasi l'intera mattinata per visitarlo.










 
 
 


 





 


 
Alle spalle del Museo, non appena siamo usciti, attraversando il grande parco, ci siamo ritrovati in un area che non ci aspettavamo e che ha evocato dei ricordi nostalgici: la zona universitaria (purtroppo per noi quel periodo è già passato).
In questa zona abbiamo scoperto che si trova anche l'Hunterian Museum, un piccolo museo universitario molto carino e visitati gli edifici universitari (roba in stile Harry Potter o film americani che in confronto le nostre università sono barzellette), dopo averne approfittato mangiando alla mensa universitaria (come visitatori stavolta, ma quante volte avrò in passato mangiato in quella di Bologna durante i miei studi ?) ci siamo rimessi nel percorso verso il centro della città.








 

 



 

Ritornati in centro nel primo pomeriggio, abbiamo passeggiato lungo uno dei corsi principali, Buchannan Street, che altro non è che una lunghissima via commerciale pedonale ribattezzata anche con il nome di "Style Mile".
All'estremità di questa via si trovano anche il St. Enoch Shopping Centre e l'entrata di Prince Square (elegante centro commerciale). Mentre a metà di Buchannan Street si attraversa la Nelson Mandela Place (piazza dedicata a Mandela quando era prigioniero) e si arriva alla fine di fronte al Royal Concert Hall sede di grandi concerti di ogni tipo (le varie guide cartacee fanno giustamente notare come Glasgow abbia guadagnato nel 2008 il riconoscimento da parte dell'Unesco di Città della Musica).










E anche stavolta cena serale, in un risto-pub scozzese, e siamo rientrati contenti, in una giornata così piena di cose viste, alla nostra stanza.
La giornata seguente è stata occupata per buona parte nella East End di Glasgow, ovvero una zona urbana un tempo residenza di operai e di povera gente, caratteristica ad ogni modo in quanto riqualificata negli ultimi anni.
In questa zona, vicino alla lunga London Road, il sabato e la domenica si svolge il mercatino dell'usato di Barras, inventato da una certa Mrs Mc Iver che è diventato come una porta portese nostrana.
Poco oltre, verso est del fiume Clyde, nella Glasgow Green (una grande area verde aperta al pubblico fin da tempi remoti, circa nell'anno 1178, e nel corso della storia sede di comizi e lotte sindacali)  si trova il People Palace.
Il People's Palace è un grande edificio costruito in mattoni rossi che ospita il Museo della storia della città di Glasgow e che è stato costruito proprio dai cittadini per non far perdere le proprie radici e per tenere vivo il proprio passato.
Di fronte al People Palace è collocata una bellissima fontana di terracotta che rappresenta l'impero coloniale britannico. Mentre sul retro del museo, si trovano degli indescrivibili giardini, conosciuti come "Winter Gardens", in cui si ritrovano delle serre e delle piante tropicali, oltre che una buona caffetteria.









Devo ammettere che non c'è stato nessun posto che ci abbia mai deluso a Glasgow e che, nonostante possieda una fama non buona, in realtà rimane una città metropolitana che ha saputo riqualificarsi nel tempo e piena di cose da fare e da vedere, ricca non solo di storia ma anche di gente cordiale.
Lasciato il People Palace e risaliti su attraverso Saltmarket Street, abbiamo girato in corrispondenza di Tolbooth e ci siamo ritrovati di fronte al Trone Theatre.
Originariamente questo antico teatro era una chiesa che poi nel XVI secolo è stato ceduto (ricordo che in Scozia le Chiese, che appartengono al popolo, qualora non siano in grado di sostenersi economicamente da sole, possono essere messe in vendita e avere nuova destinazione di uso) e trasformato in ciò che è ora.
Risaliti poi verso ovest siamo arrivati su Argyle Street, anche questa una lunga via commerciale pedonale come Buchannan, per arrivare pian piano fino alla Central Station (stazione centrale della città, con delle vetrate interne fantastiche) e alla fine all'Italian Centre (il centro commerciale italiano, pieno di negozi alla moda quali Gucci, Dolce e Gabbana e così via).
Anche oggi giornata piena e così abbiamo finito il nostro ultimo giorno a Glasgow festeggiando in un locale del centro con del buon pesce e del buon vino.
Abbiamo lasciato l'albergo la mattina seguente per andare in aeroporto con il bus 500 (una sorta di servizio navetta che dalla stazione centrale dei bus ti porta fino a li in 10 minuti).
Della Scozia ci rimane una ottima impressione e speriamo vivamente in futuro di poterci ritornare (stavolta visitando luoghi che non abbiamo toccato però, ad esempio Stirling, che dicono sia una piccola Edimburgo).
Il nostro viaggio di nozze è stato davvero indimenticabile e a permesso alla Scozia di entrare dentro i nostri cuori.